In riferimento all’apertura di una porta sul muro condominiale da 
parte di un condomino ed alla proponibilità di un’azione legale nei 
confronti di quest’ultimo, si osserva quanto segue. In primo luogo per 
quanto attiene alla legittimazione attiva di una simile azione, 
l’amministratore di condominio avrebbe la piena legittimazione ai sensi 
dell’art. 1130 c.c. ad agire al fine di esperire tutti gli atti 
conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio. 
Accertato ciò, si osserva che pur essendo vero che i condomini di un 
edificio, come l’amministratore loro rappresentante istituzionale, hanno
 sulle parti comuni dell’edificio stesso, il possesso e quindi hanno 
diritto ad agire per la tutela possessoria in relazione ad atti compiuti
 da un condomino che interessino l’edificio comune, tuttavia la 
giurisprudenza ha elaborato diverse casistiche che interessano il caso 
di specie ed in particolare l’art. 1102 c.c, il quale concerne 
l’utilizzo della cosa comune da parte di uno dei condomini. Detta norma 
prevede in linea generale che ciascun condomino possa servirsi della 
cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli 
altri condomini di farne parimenti uso secondo il loro diritto. Dalla 
lettura di detta norma unitamente al coordinato disposto dell’art. 1120 
c.c., che vieta a ciascun condomino di eseguire opere che rechino danno 
alle parti comuni, sembrerebbe che nulla osti alla proposizione di 
un’azione legale nei confronti del condomino che operi in tal senso. 
Tuttavia proprio l’elaborazione giurisprudenziale formatasi sull’art. 
1102 c.c. prevede che “l’apertura di varchi e l’installazione di porte o
 cancellate in un muro ricadente fra le parti comuni dell’edificio 
condominiale eseguiti da uno dei condomini per creare un nuovo accesso 
all’unità immobiliare di sua proprietà esclusiva, di massima, non 
integrano abuso della cosa comune suscettibile di ledere i diritti degli
 altri condomini, non comportando per costoro una qualche impossibilità 
di far parimenti uso del muro stesso ai sensi dell’art.1102, comma 1, 
c.c. (cfr. Giust.civ.Mass.94, 580), sempre che tali modificazioni non 
pregiudichino la stabilità ed il decoro architettonico del fabbricato 
condominiale” (cfr. Giust.civ. Mass.2003, f.10). Ed ancora “il principio
 della comproprietà del muro comune di un edificio legittima il singolo 
condomino ad apportare ad esso, anche se muro maestro, tutte le 
modificazioni che gli consentano di trarre, dal bene in comunione, una 
peculiare utilità aggiuntiva rispetto a quella goduta dagli altri 
condomini e quindi a procedere all’apertura nel muro di un varco di 
accesso ai locali di sua proprietà esclusiva, a condizione di non 
impedire agli altri condomini la prosecuzione dell’esercizio dell’uso 
del muro, ovvero la facoltà di utilizzarlo in modo e misura analoghi” 
(cfr. Giust.civ. Mass.1998, 364). Si ritiene, pertanto, che si debba 
valutare la fattispecie del caso concreto se si possa configurare 
un’alterazione al decoro architettonico dell’edificio (ad es. se 
l’apertura è stata operata non su di una facciata esterna, bensì 
all’interno dell’edificio).
Altro caso in cui la giurisprudenza ha previsto la facoltà di agire nei 
confronti del condomino che abbia operato un varco sul muro 
condominiale, è quando detta apertura consenta la comunicazione con un 
fabbricato distinto da quello condominiale, in quanto si andrebbe a 
costituire una servitù a favore di un bene estraneo al condominio (cfr. 
Giust. Civ. Mass.1992). Ovviamente le sentenze della Suprema Corte di 
Cassazione, nel nostro ordinamento giudiziario, non vincolano il Giudice
 e possono essere soggette ad evoluzioni interpretative anche da parte 
della giurisprudenza di merito ad opera, quindi, del Tribunale. 
http://www.legaliperte.it/condominio/condomino-e-muro-condominiale/
 

 






 
 
 
 
 
